Il Borussia Mönchengladbach ha posizionato ritagli di cartone di tifosi nel loro stadio, nel caso in cui le partite tornassero a porte chiuse

Palloni da calcio disinfettati. Allenamento in maschere facciali. Giochi spettrali in stadi deserti. Regimi di prova e bolle di quarantena. Le proposte che sono state riportate di recente sono tentativi di immaginare una soluzione a un problema logistico: come è possibile riavviare le leghe professionali durante la pandemia di coronavirus? Ma quando queste visioni vengono messe a fuoco, una seconda domanda, non meno urgente e forse anche più difficile da rispondere, viene posta in tutta Europa: è moralmente giusto che il calcio torni? È giusto che, mentre il cittadino “normale” è obbligato a mantenere le distanze sociali, i giocatori se ne infischino delle misure entrando nella mischia del corpo-a-corpo?

La Germania sta portando avanti i piani per terminare la stagione della Bundesliga a porte chiuse, forse da metà maggio. La Premier League sta perseguendo il “riavvio del progetto” , che vedrebbe la stagione completata negli stadi approvati, a partire da giugno. Anche altre leghe in paesi come la Spagna e la Svizzera spingono per ricominciare. In Italia pure, ma per ora si trova di fronte un muro solido come l’acciaio.