Da Milano alla Sicilia, interviste ai librai italiani che restano divisi nel giudicare la decisione del governo di procedere a questo precoce nuovo inizio. “Oggi le librerie ripartono, grazie al DPCM del 10 aprile. Non sarà così in tutta Italia perché in alcune regioni i governatori hanno disposto diversamente”. A raccontare una realtà molto sfaccettata lungo tutto lo Stivale è il presidente di Ali-Associazione librai italiani aderente a Confcommercio, Paolo Ambrosini. “In queste ore – assicura Ambrosini – libraie e librai stanno hanno lavorando con determinazione per consentire accessi sicuri e garantiti, nel pieno rispetto delle normative igienico sanitarie richieste dalla legislazione nazionale e locale. Un lavoro che è un grande impegno sociale”. A quanti invece hanno deciso di non aprire in quanto timorosi di perdere gli strumenti di aiuto pubblico, Ambrosini ricorda che “i contributi sono stati confermati anche per le attività aperte e ALI Confcommercio sta lavorando per aumentarli chiedendo l’istituzione di un Fondo ad hoc per le imprese librarie”. Ma com’è davvero la situazione nelle varie Regioni? Abbiamo raccolto un po’ di testimonianze in giro per l’Italia.

Milano
La Regione Lombardia ha ribadito la chiusura delle librerie nonostante il ‘via libera’ dato dal governo. La decisione divide i librai milanesi.
“Aprire nel deserto? E perché? La libreria è un luogo di relazione: aprire un negozio dove non passa nessuno è pericoloso da tutti i punti di vista”. È il parere di Cristina Di Canio, titolare della piccola, ma molto attiva libreria “Il mio libro” di Milano, in zona corso Lodi, che ne ha parlato all’AGI. Un negozio il suo, che dai frequentatori assidui è chiamato la “Scatola Lilla”, per la sua forma a cubo tinta del colore preferito della proprietaria.
Cristina – che è anche autrice di un libro in cui racconta la sua storia di ‘libraia delle meraviglie’ – è stata fra i primi firmatari di una lettera indirizzata al governo, in vista dell’ultimo Dpcm che prevedeva la riapertura di questo tipo di attività.

Un appello uscito sulla rivista minimaetmoralia in cui si rivendica “siamo librai e non simboli”: “Siamo contenti di questa improvvisa attenzione al nostro lavoro, ma ci sarebbe piaciuto ci fosse stata anche prima delle misure governative per il contenimento della pandemia”, scrivono polemicamente, mentre confessano di nutrire “dubbi e perplessità”: “Sono state previste delle indicazioni precise per la sicurezza del nostro lavoro? Il lavoro del libraio, infatti, prevede un tempo lungo della comunicazione verbale faccia a faccia, una pratica che, se non precisamente regolata, comporta in questo momento degli evidenti rischi di sicurezza sanitaria”

C’è poi il problema del “manipolare una gran quantità dei libri presenti sui nostri scaffali: esiste una procedura di sanificazione?”, si chiedono.
Di questa linea anche Cristina Di Canio: “La libreria è un luogo dove fermarsi a parlare, se si sta dicendo ai clienti di entrare, comprare e uscire, e quindi di non viverla più per quello che è, allora preferisco essere io a consegnare i libri a casa. Ha più senso che sia il libraio, quindi una sola persona, a spostarsi, se a tutti gli altri è impedito di uscire. I miei lettori, inoltre, non sono tutti a duecento metri: sarebbe una giustificazione valida, prendere l’auto per raggiungermi?”, si chiede la libraia. Che ha da affrontare anche problemi pratici: “Bisogna sanificare due volte al giorno e areare il locale, in un momento in cui non abbiamo nemmeno le mascherine e il disinfettante”. In Lombardia, in realtà, il decreto governativo e’ stato superato da un’ordinanza del Attilio Fontana, che ha deciso che le saracinesche non si alzeranno prima del 3 maggio.

Ma sotto le serrande abbassate il mondo del libro dibatte, insofferente alla considerazione delle librerie come “presidi culturali” e il post coronavirus si innesta sul gia’ noto braccio di ferro tra grandi catene della distribuzione ed editoria, come Feltrinelli e Mondadori, e negozi indipendenti.

Sicilia
“Il primo libro che abbiamo venduto è stato ‘Il vecchio che leggeva romanzi d’amore’ di Luis Sepulveda”. Nel giorno della riapertura delle librerie in una Sicilia sopita dall’epidemia da coronavirus, il primo cliente della “Casa del libro Rosario Mascali”, nel centro storico di Siracusa, ha scelto l’autore latinoamericano contagiato dal Covid-19 insieme con la moglie. “Dopo lui sono arrivati altri, chi sicuro della scelta fatta chi per chiedere suggerimenti in modo sbrigativo: la paura fa 40”, spiega Marilia Di Giovanni, la titolare della libreria, che si trova a Ortigia, il cuore di Siracusa.

“In questo periodo – continua – in genere vi sono molti turisti, ma adesso arrivano clienti fidelizzati, pochi rispetto alla tantissime telefonate per le spedizioni, ma è stata comunque come una festa: le persone entrano una alla volta, io chiedo loro di mantenere sempre la distanza di sicurezza ma è la dimensione umana che si riattiva. Abbiamo venduto circa 20 libri ma passerà del tempo prima che si possa tornare alla normalita’”, dal canto suo Andrea Scamporrino, gestore della libreria Diana, nella stessa città. “Non è semplice – dice – i clienti sono entrati uno per volta, dotati di mascherine e guanti come noi del resto. E’ dura, comunque, anche perche’ non si tornera’ come prima da un giorno all’altro”. Diverse le tipologie di libri venduti ma il gestore, insieme alla comproprietaria, e’ abbastanza soddisfatto. “Non possiamo lamentarci – dice il gestore – probabilmente c’era molta curiosita’ dopo tanto tempo. Tra i libri venduti, ricordo quello di Catena Fiorello e la Pietra filosofale”.

A Palermo, la libreria Modus Vivendi, a pochi passi da piazza Politeama, ha riaperto adottando qualche misura di cautela in più: “La priorità è la salute – spiega Salvo Spiteri – e sebbene non vi siano file abbiamo messo un bancone che non permette l’entrata del cliente, ma lo lascia in un’anticamera, dove gli viene consegnato il libro richiesto. È un esperimento, accompagnato da un servizio spedizioni. Era giusto tornare in libreria, il nostro è un target responsabile, l’utenza è vicina, e sento questo provvedimento per la riapertura un po’ come un riconoscimento. Finora è arrivata una quindicina di clienti, il primo dei quali ha acquistato l’ultimo libro di Carofiglio”.

Liguria
“Oggi non abbiamo riaperto: continuiamo le nostre spedizioni di libri a Genova, in Liguria e in tutta Italia: ci hanno ordinato centinaia di libri e continueremo cosi’ fin quando i cittadini non saranno di nuovo liberi di circolare”. Lo dice all’Agi Valentina Beronio che, insieme a Samantha Giribone, è proprietaria di Bookmorning, libreria indipendente del centro storico di Genova che oggi, nonostante il decreto governativo lo consenta, non ha alzato le saracinesche alla Maddalena.

La decisione era stata anticipata all’indomani del decreto firmato dal premier Conte, perché Bookmorning è firmataria – insieme ad altre 249 librerie italiane – di una lettera manifesto in cui si annunciava la prosecuzione della “serrata” per svariate ragioni: “Non ci sentiamo tranquilli nel chiedere ai nostri lettori, ai nostri clienti di raggiungerci in libreria, quando il miglior consiglio che possiamo dare loro è di rimanere a casa”. C’è anche un aspetto economico: “Aprire le serrande – dice – significa farlo su strade pressoché deserte. E potrebbero raggiungerci solo i residenti della zona. Questo, a livello economico, difficilmente ci appare una boccata d’ossigeno”. Dal giorno della chiusura, imposta col lockdown anti contagio, Valentina e Samantha hanno lanciato un servizio di consegne a domicilio: “Abbiamo raggiunto i nostri clienti sia liguri che fuori regione”.

Su Genova Laura Magnani, che gestisce la libreria “Bookowski”, da un mese gira la città portando i libri usati. Idem la titolare di “Falso Demetrio”. Diverso il parere di Fabio Masi, proprietario delle due librerie genovesi ” L’amico ritrovato” e “L’amico immaginario” che oggi hanno riaperto, con il personale ridotto all’osso (lavorano solo i responsabili dei 3 punti vendita, uno di questi si trova a Camogli), mentre gli altri sono in cassa integrazione. Orario ridotto e ingressi contingentati per tutte e tre le librerie.

Toscana
A Firenze, tra le librerie del centro storico solo Seeber il Libraccio di via Panzani è al lavoro; nessuna delle altre grandi catene ha riaperto. “Dal momento in cui abbiamo saputo che avremmo potuto riaprire – ha spiegato il direttore Giangi Maralli – abbiamo attivato subito le imprese di pulizie per la sanificazione. Stamattina alle 7 abbiamo sanificato l’impianto di condizionamento: rispetto al decreto Conte infatti, la sanificazione dell’impianto di aerazione è stata un’aggiunta del governatore Rossi di ieri sera, ma siamo subito riusciti a trovare un impiantista che stamattina ci ha consentito di riaprire. Devo ringraziare la Croce Rossa che ci ha fornito un po’ di guanti e mascherine perche’ sono introvabili, quindi abbiamo tutte le condizioni per riaprire e siamo orgogliosi di tornare a lavorare”. E i clienti non mancano: “Nelle prime due ore – ha aggiunto Maralli – abbiamo avuto una sessantina di persone, e la maggior parte ha fatto acquisti”.

Per altri, come la grande libreria San Paolo di piazza del Duomo, è solo questione di giorni. “Stiamo preparando la libreria mettendola in sicurezza. Probabile apertura lunedi’ 20”, riporta un cartello messo sulla saracinesca abbassata. Così come la libreria l’Alzaia, nel complesso dell’auditorium Stensen, dove è possibile ordinare o acquistare libri. “Non possiamo ancora adeguarci alle condizioni per l’accesso dei clienti – racconta un’addetta – cosi’ stiamo aperti ma non possiamo far entrare”.

Lazio
Favorevoli e contrari alla riapertura. È un fronte spaccato quello delle librerie indipendenti alle prese con il riavvio anticipato dell’attività, una decisione assunta dal governo con il Dpcm del 10 aprile ma di fatto bloccata o rinviata da alcune Regioni. “Secondo me è stata una decisione avventata”, dice Luca Possenti, che a Roma gestisce la libreria ‘Pagina 272′ di via Salaria e che lamenta l’assenza di soluzioni concrete ed efficaci aiutare il settore.

“In un periodo ancora di emergenza – dice Possenti bocciando la scelta governativa, poi rinviata nel Lazio dal 14 al 20 aprile – in cui siamo in quarantena, la trovo una cosa simbolica e un po’ populista. E comunque avrei riaperto ma con orari ridotti, tre ore di mattina”. Per il libraio l’annuncio di una riapertura sembra quasi un modo per dire “siamo fichi e pensiamo alla cultura”, mentre si sarebbe dovuto invece aiutare diversamente le attività, soprattutto quelle piccole e indipendenti, sovvenzionando strumenti che sono stati messi in piedi nelle ultime settimane.

‘Pagina 272’ aderisce al progetto ‘Libri da Asporto’, creato grazie a un fondo istituito da alcuni editori librerie indipendenti. “Se volevano aiutarci, visto che l’iniziativa sta funzionando, potevano fare ad esempio – spiega Possenti – degli accordi con i corrieri. Questo deve valere anche per il futuro, per fa sì che le librerie sopravvivano ai negozi online che non mettono spese di spedizione o sono ridotte, per aiutarci a fare spedizioni. Potevano sovvenzionare il fondo e consentire di andare avanti con il lockdown in maniera adeguata. Ora i fondi si stanno esaurendo”.

È sulla stessa linea anche Davide Manni, che a Roma gestisce la libreria ‘Trastevere’. “Dopo una riunione con i soci – racconta – avevamo deciso comunque di non aprire questa settimana. Non eravamo pronti a rendere i locali disponibili dal punto di vista igienico-sanitario. Non avendo avuto la possibilità di organizzarci, ci siamo impegnati a fare le spedizioni con le consegne a domicilio a chi ne faceva richiesto. Stiamo continuando con questa modalità che al momento ci sembra la più salubre sia per noi che i clienti. In un contesto come quello attuale ci sembrava un po’ prematuro far uscire le persone per farle venire in libreria e organizzarsi per le visite. Tra l’altro – continua – considerando le restrizioni vigenti, non ci sarebbe stato un afflusso di clienti come in una situazione normale”.

Voce fuori dal coro è invece quella di Davide Vender, titolare della libreria ‘Odradek’ di via dei Banchi Vecchi, uno dei librai che invece manifesta soddisfazione per la decisione di dare priorità alle librerie e si dispiace del rinvio di una settimana nel Lazio.